
Stefano Gazzella : 26 Luglio 2022 07:00
Autore: Stefano Gazzella
Per chi si occupa di informazione nell’ambito di cyberthreat e data breach non è infrequente incappare nella notizia di qualche attacco informatico apprendendolo indirettamente in conseguenza della pubblicazione dell’esfiltrazione nel dark web. Orbene, qui sorge un dilemma: fino a che punto si può fare informazione ed indicare le evidenze di attacchi o incidenti di sicurezza, e i relativi dump?
C’è chi ritiene – per acerba prudenza o matura convinzione – che si debba indicare in modo generico l’accaduto e non fornire dettagli che consentano a chiunque di accedere a quei dati già sottratti in modo illecito.
Scarica Gratuitamente Byte The Silence, il fumetto sul Cyberbullismo di Red Hot Cyber"Il cyberbullismo è una delle minacce più insidiose e silenziose che colpiscono i nostri ragazzi. Non si tratta di semplici "bravate online", ma di veri e propri atti di violenza digitale, capaci di lasciare ferite profonde e spesso irreversibili nell’animo delle vittime. Non possiamo più permetterci di chiudere gli occhi". Così si apre la prefazione del fumetto di Massimiliano Brolli, fondatore di Red Hot Cyber, un’opera che affronta con sensibilità e realismo uno dei temi più urgenti della nostra epoca. Distribuito gratuitamente, questo fumetto nasce con l'obiettivo di sensibilizzare e informare. È uno strumento pensato per scuole, insegnanti, genitori e vittime, ma anche per chi, per qualsiasi ragione, si è ritrovato nel ruolo del bullo, affinché possa comprendere, riflettere e cambiare. Con la speranza che venga letto, condiviso e discusso, Red Hot Cyber è orgogliosa di offrire un contributo concreto per costruire una cultura digitale più consapevole, empatica e sicura. Contattaci tramite WhatsApp al numero 375 593 1011 per richiedere ulteriori informazioni oppure alla casella di posta [email protected]
Se ti piacciono le novità e gli articoli riportati su di Red Hot Cyber, iscriviti immediatamente alla newsletter settimanale per non perdere nessun articolo. La newsletter generalmente viene inviata ai nostri lettori ad inizio settimana, indicativamente di lunedì. |
Il motivo più ricorrente sembra essere il damage control, ovverosia un tentativo di contenere il danno non estendendo la platea dei potenziali accessi abusivi alla base dati fornendo le informazioni sulla disponibilità di questi. Ma l’accesso al dark web, inoltre, non è affatto una pratica iniziatica riservata a pochi. Anzi, è possibile con pochi clic.
Si possono comprendere tali motivazioni?
Fino a un certo punto, ma se viene detto dall’organizzazione vittima del cyberattacco imputando a tale misura il valore di una tutela degli interessati coinvolti un sorriso amaro sorge sulle labbra di chi sa computare i rischi. Andando oltre le vesti dell’enfasi di protezione, si vede infatti tutta la nudità dei tentativi di salvare una reputazione online a colpi di diffide e con la minaccia di azioni legali.
Vero, si può affermare senza errore che il diritto di informazione deve essere proporzionalmente bilanciato con la salvaguardia di altri diritti. Ma siamo sicuri che l’ipotesi indicare evidenze dell’esistenza di un data breach possa compromettere i diritti degli interessati od altrimenti aggravare degli scenari di rischio?
Insomma: in che modo può incidere sulla probabilità che si generino comportamenti abusivi ed illeciti dal momento che i dati sono già presente e disponibili nei canali utilizzati da chi “pesca” nel mercato nero dei dati?
Si permetta di esprimere un’ovvietà: come può una “notizia” impattare negativamente su coloro che magari neanche avevano cognizione del fatto che i propri dati personali erano stati compromessi? È bene ricordare che l’art. 34 GDPR impone ai titolari del trattamento una comunicazione agli interessati per le ipotesi di rischio elevato proprio con lo scopo di renderli consapevoli dell’evento di violazione, delle probabili conseguenze e delle misure di mitigazione intraprese affinché possano adottare iniziative per tutelarsi e contenere anche in modo autonomo il danno della violazione.
Far comprendere quanto sia facile avere accesso ai propri dati compromessi più che un danno o un pericolo sembra fornire un apporto informativo rilevante a quella decantata ma tutt’ora imperfetta cultura della sicurezza digitale.
Sussistono ovviamente tutti i limiti di continenza e pertinenza della notizia, la quale non deve esporre in modo diretto (ad esempio pubblicando un sample in chiaro) uno o più interessati, né tantomeno essere conseguenza di comportamenti illeciti quali la copia o condivisione del database.
Ma un dump è un riepilogo, e una ransom notice con proof of keeping appropriatamente censurata altro non è che un’evidenza a sostegno della veridicità della notizia. Altrimenti sarebbe un allarmismo generalizzato, privo di contesto o con un consistente rischio di assumere la qualità – percepita o effettiva – di fake news. Con buona pace di alcuna rilevanza sostanziale dell’informazione.
Insomma: quando il cyber re è nudo, forse è bene che i più ne siano informati.
Altrimenti un’evoluzione di cultura della sicurezza digitale resterà sempre e solo una favola narrata da pochi.
Stefano Gazzella
Un’indagine condotta dall’Unione Europea di Radiodiffusione (EBU), con il supporto della BBC, ha messo in luce che i chatbot più popolari tendono a distorcere le notizie, modificandone il senso, ...

Spesso abbiamo citato questa frase: “Combattere il cybercrime è come estirpare le erbacce: se non le estirpi completamente rinasceranno, molto più vigorose di prima” e mai come ora risulta esser...

Per tre giorni consecutivi, dal 19 al 22 ottobre, il Comune di Caponago è rimasto isolato dal web a causa di un insolito incidente: una volpe è finita in un pozzetto della rete telefonica, danneggia...

Un’allerta globale è stata lanciata dalla Cybersecurity and Infrastructure Security Agency (CISA) degli Stati Uniti, riguardante lo sfruttamento attivo di una falla critica di esecuzione di codice ...

Lunedì 20 ottobre, Channel 4 ha trasmesso un documentario completo condotto da un presentatore televisivo creativo integralmente dall’intelligenza artificiale. “Non sono reale. Per la prima volta...