Stefano Gazzella : 26 Luglio 2022 07:00
Autore: Stefano Gazzella
Per chi si occupa di informazione nell’ambito di cyberthreat e data breach non è infrequente incappare nella notizia di qualche attacco informatico apprendendolo indirettamente in conseguenza della pubblicazione dell’esfiltrazione nel dark web. Orbene, qui sorge un dilemma: fino a che punto si può fare informazione ed indicare le evidenze di attacchi o incidenti di sicurezza, e i relativi dump?
C’è chi ritiene – per acerba prudenza o matura convinzione – che si debba indicare in modo generico l’accaduto e non fornire dettagli che consentano a chiunque di accedere a quei dati già sottratti in modo illecito.
CORSO NIS2 : Network and Information system 2
La direttiva NIS2 rappresenta una delle novità più importanti per la sicurezza informatica in Europa, imponendo nuovi obblighi alle aziende e alle infrastrutture critiche per migliorare la resilienza contro le cyber minacce.
Con scadenze stringenti e penalità elevate per chi non si adegua, comprendere i requisiti della NIS2 è essenziale per garantire la compliance e proteggere la tua organizzazione.
Accedi All'Anteprima del Corso condotto dall'Avv. Andrea Capelli sulla nostra Academy e segui l'anteprima gratuita.
Per ulteriori informazioni, scrivici ad [email protected] oppure scrivici su Whatsapp al 379 163 8765
Supporta RHC attraverso:
Ti piacciono gli articoli di Red Hot Cyber? Non aspettare oltre, iscriviti alla newsletter settimanale per non perdere nessun articolo.
Il motivo più ricorrente sembra essere il damage control, ovverosia un tentativo di contenere il danno non estendendo la platea dei potenziali accessi abusivi alla base dati fornendo le informazioni sulla disponibilità di questi. Ma l’accesso al dark web, inoltre, non è affatto una pratica iniziatica riservata a pochi. Anzi, è possibile con pochi clic.
Si possono comprendere tali motivazioni?
Fino a un certo punto, ma se viene detto dall’organizzazione vittima del cyberattacco imputando a tale misura il valore di una tutela degli interessati coinvolti un sorriso amaro sorge sulle labbra di chi sa computare i rischi. Andando oltre le vesti dell’enfasi di protezione, si vede infatti tutta la nudità dei tentativi di salvare una reputazione online a colpi di diffide e con la minaccia di azioni legali.
Vero, si può affermare senza errore che il diritto di informazione deve essere proporzionalmente bilanciato con la salvaguardia di altri diritti. Ma siamo sicuri che l’ipotesi indicare evidenze dell’esistenza di un data breach possa compromettere i diritti degli interessati od altrimenti aggravare degli scenari di rischio?
Insomma: in che modo può incidere sulla probabilità che si generino comportamenti abusivi ed illeciti dal momento che i dati sono già presente e disponibili nei canali utilizzati da chi “pesca” nel mercato nero dei dati?
Si permetta di esprimere un’ovvietà: come può una “notizia” impattare negativamente su coloro che magari neanche avevano cognizione del fatto che i propri dati personali erano stati compromessi? È bene ricordare che l’art. 34 GDPR impone ai titolari del trattamento una comunicazione agli interessati per le ipotesi di rischio elevato proprio con lo scopo di renderli consapevoli dell’evento di violazione, delle probabili conseguenze e delle misure di mitigazione intraprese affinché possano adottare iniziative per tutelarsi e contenere anche in modo autonomo il danno della violazione.
Far comprendere quanto sia facile avere accesso ai propri dati compromessi più che un danno o un pericolo sembra fornire un apporto informativo rilevante a quella decantata ma tutt’ora imperfetta cultura della sicurezza digitale.
Sussistono ovviamente tutti i limiti di continenza e pertinenza della notizia, la quale non deve esporre in modo diretto (ad esempio pubblicando un sample in chiaro) uno o più interessati, né tantomeno essere conseguenza di comportamenti illeciti quali la copia o condivisione del database.
Ma un dump è un riepilogo, e una ransom notice con proof of keeping appropriatamente censurata altro non è che un’evidenza a sostegno della veridicità della notizia. Altrimenti sarebbe un allarmismo generalizzato, privo di contesto o con un consistente rischio di assumere la qualità – percepita o effettiva – di fake news. Con buona pace di alcuna rilevanza sostanziale dell’informazione.
Insomma: quando il cyber re è nudo, forse è bene che i più ne siano informati.
Altrimenti un’evoluzione di cultura della sicurezza digitale resterà sempre e solo una favola narrata da pochi.
Gli esperti hanno lanciato l’allarme: i gruppi ransomware stanno utilizzando sempre più spesso il nuovo malware Skitnet (noto anche come Bossnet) per lo sfruttamento successivo delle ...
Nel panorama delle minacce odierne, Defendnot rappresenta un sofisticato malware in grado di disattivare Microsoft Defender sfruttando esclusivamente meccanismi legittimi di Windows. A differenza di a...
Molti credono che l’utilizzo di una VPN garantisca una protezione totale durante la navigazione, anche su reti WiFi totalmente aperte e non sicure. Sebbene le VPN siano strumenti efficaci per c...
Durante una conferenza nazionale dedicata alla sicurezza informatica, sono stati ufficialmente premiati enti, aziende e professionisti che nel 2024 hanno dato un contributo significativo al National I...
Nel mondo della cybersecurity esiste una verità scomoda quanto inevitabile: per difendere davvero qualcosa, bisogna sapere come violarlo. L’autenticazione multi-fattore è una delle co...
Copyright @ REDHOTCYBER Srl
PIVA 17898011006