
Diego Bentivoglio : 6 Ottobre 2025 12:10
I WebSocket offrono comunicazione bidirezionale persistente tra client e server, indispensabile per applicazioni realtime come chat, giochi, dashboard e notifiche. Questa persistenza però introduce superfici d’attacco specifiche: se il canale o le sue regole non sono adeguatamente protetti, possono verificarsi esfiltrazione di dati, hijacking di sessione e vulnerabilità legate a input non filtrati. Questo articolo spiega in modo pratico i rischi più rilevanti e le contromisure essenziali per proteggere questo tipo di connessione.
Le caratteristiche che li rendono utili sono connessioni lunghe, traffico bidirezionale e bassissima latenza, che creano allo stesso tempo opportunità per gli attaccanti. Una connessione persistente significa che una singola breccia può mantenere l’accesso attivo a lungo. La bidirezionalità implica che sia il client che il server possano inviare dati, e per questo entrambi i lati devono considerare i messaggi come non attendibili. Gli endpoint dinamici, se costruiti con dati controllati dall’utente, possono indurre il client a connettersi a server malevoli. Infine, l’assenza di un controllo nativo sugli handshake apre la strada a possibili iniezioni o sfruttamenti provenienti da pagine esterne.
I tipi di attacco più rilevanti includono l’intercettazione e la modifica del traffico, cioè sniffing o man-in-the-middle, quando viene utilizzato il protocollo “ws://” non cifrato. Vi è poi l’iniezione di connessione, paragonabile a un CSRF applicato ai WebSocket, dove pagine malevole inducono il browser a stabilire collegamenti. Non meno importante è l’esfiltrazione di dati tramite reindirizzamento o messaggi inviati a server controllati da un attaccante, e infine le vulnerabilità legate a input non validati, capaci di generare XSS, SQL injection o comandi inattesi.
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I principi di difesa fondamentali sono chiari. La cifratura deve essere sempre obbligatoria e occorre usare il protocollo “wss://”, cioè WebSocket su TLS, per prevenire sniffing e attacchi man-in-the-middle. Gli endpoint devono essere stabili e non controllabili dall’utente, definiti da configurazioni sicure e mai concatenati a input esterni. Gli handshake devono essere autenticati e verificati attraverso meccanismi come token firmati o challenge-response, con il server che controlla lo stato della sessione prima di accettare la connessione. Il controllo dell’origine lato server, tramite verifica dell’header “Origin” rispetto a una whitelist, è un ulteriore requisito.
Tutti i messaggi vanno trattati come non attendibili, con validazione rigorosa tramite schemi, limiti di dimensione e sanitizzazione costante, applicando il principio “deny-by-default”. È buona prassi limitare privilegi e funzionalità, esponendo solo ciò che è strettamente necessario e separando canali e permessi per ridurre l’impatto di una compromissione. Servono inoltre meccanismi di rate limiting, limiti sulla dimensione dei messaggi e timeout di inattività, richiedendo anche riconnessioni periodiche per il rinnovo delle credenziali. Infine, logging e monitoraggio attivo permettono di registrare eventi come handshake rifiutati, token scaduti o anomalie nel traffico, con allarmi su pattern sospetti come spike di connessioni dallo stesso IP.
I pattern difensivi raccomandati si basano su esempi concettuali. L’autenticazione nel handshake richiede un token firmato da verificare server-side prima di stabilire il canale. La whitelist di origine consente di rifiutare richieste non provenienti da domini autorizzati. La validazione dei payload con schemi formali permette di respingere messaggi non conformi. L’escaping dei contenuti da mostrare nella UI è fondamentale per prevenire XSS. La segmentazione dei canali garantisce la separazione tra traffico sensibile e non sensibile, riducendo l’impatto di una compromissione.
Gli indicatori di una possibile compromissione comprendono un aumento anomalo di connessioni da origini non previste, la presenza di messaggi con URL esterni o payload inconsueti, connessioni ripetute e rapide verso endpoint diversi da parte dello stesso client e log che evidenziano la fuoriuscita di dati sensibili al di fuori dei normali flussi applicativi.
In conclusione, i WebSocket permettono esperienze realtime potenti, ma richiedono regole chiare per rimanere sicuri. Con pratiche come cifratura, autenticazione del canale, validazione dei messaggi, controllo delle origini e monitoraggio attivo, è possibile mantenere elevate le performance riducendo drasticamente i rischi di abuso e perdita di dati. L’applicazione sistematica di questi principi trasforma un canale potenzialmente pericoloso in uno strumento più affidabile e sicuro.
Diego Bentivoglio
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