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Dazi americani: Perché le Guerre Commerciali Sono un Grosso Problema (Anche) per la Cybersecurity

Dazi americani: Perché le Guerre Commerciali Sono un Grosso Problema (Anche) per la Cybersecurity

Luca Errico : 10 Aprile 2025 07:22

Mentre i mercati globali e le cancellerie internazionali restano focalizzati sugli impatti economici diretti delle politiche tariffarie adottate o ventilate nel corso del 2025, la comunità della cybersecurity lancia un allarme su conseguenze meno evidenti ma potenzialmente devastanti: l’erosione della resilienza digitale globale. L’attuale scenario di tensioni commerciali, caratterizzato da dazi e restrizioni su beni tecnologici, sta infatti creando un terreno fertile per nuove e amplificate minacce informatiche.

L’intensificarsi delle tensioni commerciali nel 2025 genereranno rischi cyber spesso sottovalutati, minacciando le supply chain tecnologiche, alimentando le minacce state-sponsored e indebolendo le difese aziendali. Le misure protezionistiche, pur mirando a obiettivi economici, generano una serie di effetti collaterali che aumentano la superficie d’attacco e la vulnerabilità di aziende e infrastrutture critiche. Vediamo quali potranno essere i principali vettori di rischio:

  • 1. Supply Chain Tecnologica: Un Anello Debole Sotto Pressione I dazi rendono più costosi componenti elettronici e software da certe parti del mondo. Cosa succede? Le aziende, per risparmiare, potrebbero cercare scorciatoie, scegliendo fornitori più economici ma meno attenti alla sicurezza. Il rischio è trovarsi in casa (o in ufficio) hardware o software con “sorprese” nascoste: backdoor, malware, o semplicemente costruiti male e pieni di vulnerabilità. E in un mondo dove tutto è connesso, basta un ingranaggio “sbagliato” per creare un problema enorme. Sapere esattamente cosa c’è dentro i nostri dispositivi (le sigle SBOM e HBOM servono proprio a questo) diventa cruciale, ma non è ancora una pratica così diffusa.
  • 2. Dalle Tariffe ai Cyberattacchi: Un Passo Breve? Le dispute commerciali raramente rimangono confinate alla sfera economica. Storicamente, periodi di alta tensione internazionale hanno visto un incremento dell’attività cibernetica ostile attribuibile ad attori statali (Advanced Persistent Threats – APTs). Esiste una correlazione diretta tra l’imposizione di misure commerciali punitive e l’aumento di campagne di spionaggio industriale mirate a settori strategici del paese “avversario”, nonché attacchi potenzialmente distruttivi contro infrastrutture critiche (energia, finanza, sanità) come forma di ritorsione asimmetrica. Inoltre, il deterioramento delle relazioni diplomatiche mina la cooperazione internazionale nel contrasto al cybercrime e al cyberterrorismo, riducendo l’efficacia della condivisione di threat intelligence e delle operazioni congiunte contro le minacce globali.
  • 3. Budget per la Sicurezza: I Primi a Essere Tagliati? Le difficoltà economiche indotte dai dazi su import ed export possono erodere i margini di profitto aziendali. In tale contesto, i budget destinati alla cybersecurity, spesso percepiti erroneamente come centri di costo piuttosto che come investimenti strategici, rischiano tagli significativi. Una riduzione degli investimenti si traduce direttamente in una postura di sicurezza indebolita: meno personale qualificato, tecnologie di difesa obsolete, programmi di formazione ridotti, ritardi nell’adozione di architetture più robuste (es. Zero Trust) e una minore capacità di risposta agli incidenti. Questo crea un paradosso pericoloso: proprio quando il panorama delle minacce si fa più complesso a causa delle tensioni geopolitiche, le risorse per affrontarlo diminuiscono.
  • 4. Innovazione Bloccata = Tecnologia Meno Sicura Le politiche restrittive possono accelerare la tendenza verso ecosistemi tecnologici isolati (“splinternet”) e standard divergenti. Limitare l’accesso a tecnologie avanzate (es. semiconduttori di nuova generazione, piattaforme AI, apparati 5G/6G) non solo può frenare l’innovazione nel paese che impone i dazi, ma rischia anche di ritardare l’adozione di paradigmi di sicurezza più moderni ed efficaci incorporati in tali tecnologie. Questa frammentazione complica l’interoperabilità e la gestione della sicurezza su scala globale.

Quindi cosa fare?

E’ oramai palese che, nel 2025, non si può pensare alla cybersecurity senza considerare cosa succede nell’economia globale e nella politica internazionale. Sia le aziende che noi in qualità di utenti finali dobbiamo essere più consapevoli e:

  • Controllare bene i fornitori tech: Non guardare solo il prezzo, ma anche la sicurezza e la trasparenza di chi ci fornisce hardware e software.
  • Tenere d’occhio le tensioni globali: Capire da dove potrebbero arrivare le prossime minacce cyber è fondamentale.
  • Non tagliare sulla sicurezza: Investire in cybersecurity non è una spesa, ma una necessità per proteggere il business e i dati.
  • Collaborare (quando possibile): Condividere informazioni sulle minacce aiuta tutti a difendersi meglio.

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In conclusione, ignorare l’interconnessione tra politiche commerciali e cybersecurity nel 2025 non è più un’opzione. La resilienza digitale richiede una vigilanza costante e una capacità di adattamento che trascenda i confini tradizionali della sicurezza informatica.

Immagine del sitoLuca Errico
Appassionato di informatica fin da ragazzo, quando passavo notti intere a risolvere problemi che io stesso causavo. Da vent'anni lavoro come Field Engineer. Nel corso del tempo, sono stato sempre più attratto dalla sicurezza informatica. Adoro i videogiochi, la lettura e seguo con molto interesse la politica.

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