Redazione RHC : 10 Maggio 2021 10:00
Il fuzzing è stata tradizionalmente annoverata come una tecnica sofisticata, utilizzata negli ambienti di laboratorio dai ricercatori professionisti, per scoprire le vulnerabilità nelle interfacce e nelle applicazioni hardware e software.
Questo viene fatto iniettando dati non validi, imprevisti o semi-casuali in un servizio, in un’interfaccia o un programma, monitorando eventi come arresti anomali, salti non documentati di routine, asserzioni di codice non riuscite e potenziali perdite di memoria.
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Uno dei motivi per cui il fuzzing è usato così di rado o in modo così limitato dai criminali è perché è difficile da implementare, ma non per la sua complessità intrinseca, ma perché in un sistema di produzione risulta semplice farsi rilevare dai sistemi di mitigazione a contorno.
La realtà, è che probabilmente esiste un numero incalcolabile di vulnerabilità che potrebbero essere scoperte e sfruttate in software e sistemi operativi disponibili in commercio in questo momento utilizzando la tecnica del fuzzing, ma semplicemente non ci sono abbastanza strumenti di fuzzing appositamente progettati o sviluppatori e disponibili per poterli scoprire.
L’applicazione di modelli di intelligenza artificiale e machine learning abbinati al fuzzing, si stanno cominciando ad intravedere e questa tecnologia di IA, consentirà di rendere questo strumento più efficiente ed efficace.
I criminali informatici potranno sviluppare e addestrare programmi di fuzzing per automatizzare e accelerare la scoperta di vulnerabilità Zero-Day per poi utilizzarli su un determinato obiettivo.
Questo approccio viene definito AIF o meglio conosciuto come Artificial Intelligence Fuzzing.
AIF include generalmente due fasi specifiche. Si tratta di una fase di machine learning e un’altra di Discovery ed Exploit.
Nella fase di Machine Learning, viene istruito il fuzzer per essere il più efficace possibile su uno specifico set di vulnerabilità, mentre nella fase di discovery, lo strumento AIF appreso il modello di sfruttamento, inizierà a sfruttarlo sul target specifico.
Quindi, nella fase di sfruttamento, inizierebbe a iniettare dati strutturati progettati intenzionalmente per quel software per poi monitorarne il risultato. Quindi sarà possibile utilizzare l’apprendimento automatico per perfezionare l’attacco e infine forzare il bersaglio ed indurlo in errore, scoprendo così una vulnerabilità e di conseguenza definire un exploit allo stesso tempo.
Questo approccio di apprendimento automatico supervisionato, guidato da un utente malintenzionato ed addestrato, potrebbe essere ripetuto continuamente, consentendo a un criminale informatico di eseguire combinazioni continue di attacchi per scoprire e sfruttare le vulnerabilità Zero-Day.
In un ambiente in cui sono disponibili attacchi Zero-Day potenzialmente infiniti, anche strumenti avanzati come il sandboxing verrebbero rapidamente sopraffatti.
L’accelerazione del numero e della varietà delle vulnerabilità e degli exploit disponibili, inclusa la capacità di produrre rapidamente exploit Zero-Day e persino di fornire Zero-Day Mining-as-a-service (ZMaaS), può avere un impatto radicale sulla tipologia dei servizi disponibili nelle darknet.
Zero-Day Mining as a Service sarà l’evoluzione del business degli zeroday nelle darknet nel prossimo futuro.
Questo approccio cambierà completamente il modo in cui le organizzazioni si dovranno avvicinare alla sicurezza informatica, perché non c’è modo di anticipare dove si potranno trovare le vulnerabilità Zero-Day, né comprendere come difendersi adeguatamente da esse, in particolare utilizzando i tipi di strumenti di sicurezza legacy che la maggior parte delle organizzazioni ha distribuiti nelle loro reti oggi.
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