
Antonio Piovesan : 20 Luglio 2022 07:00
Sempre di più il cybercrime incombe sui poveri malcapitati del web. Profili fake e scam imperversano sui social network, che con difficoltà (anche se muniti delle migliori intelligenze artificiali), riescono a stare dietro ad un fenomeno che genera truffe di ogni tipo. Questa rubrica vuole sensibilizzare tutte le persone a porre attenzione alle sempre più crescenti attività di truffe online che partono principalmente dalle email e dai social network. Questo verrà fatto con delle storie in prima persona raccontate dai malcapitati, dove verranno fatte delle “lesson learned” finali.
Autore: Antonio Piovesan
Ehilà gente … (ma dimmi te se dovevo proprio stare qui con ‘sti sfigati … ma è successo … ci sono cascato) … Ora vi racconto cosa mi è successo iniziando col presentarmi:
CVE Enrichment Mentre la finestra tra divulgazione pubblica di una vulnerabilità e sfruttamento si riduce sempre di più, Red Hot Cyber ha lanciato un servizio pensato per supportare professionisti IT, analisti della sicurezza, aziende e pentester: un sistema di monitoraggio gratuito che mostra le vulnerabilità critiche pubblicate negli ultimi 3 giorni dal database NVD degli Stati Uniti e l'accesso ai loro exploit su GitHub.
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Mi chiamo Simone, Simone Verdi e sono il Chief Human Resources Officer di XVE GULYH Italia SpA.
L’anno scorso in primavera, era una giornata calda, era un giovedì ma non ricordo la data esatta, quel giorno di aprile arrivai in ufficio solo dopo pranzo e parcheggiai nel mio solito posto.
Noi Top Manager abbiamo ciascuno un posto dedicato nel parcheggio aziendale, in quella posizione la mia Carrera 4 GTS era al sicuro.
Quel pomeriggio fu un susseguirsi di riunioni, nulla di che.
A fine giornata tornai alla macchina e notai qualcosa che luccicava con le ultime luci del tramonto vicino alla ruota posteriore sinistra della mia Porsche …
Era una Pen Drive USB, qualcuno aveva perso una chiavetta USB.
La raccolsi e me la misi in tasca senza pensarci troppo su.
L’indomani, tornai in ufficio la mattina presto: le molte riunioni del giorno precedente mi avevano portato a saturare l’agenda anche il venerdì … Arrivato in ufficio ricordai di aver trovato il giorno prima la chiavetta … ma dove l’avevo messa … dove … ora lo ricordo bene.
Arrivato a casa l’avevo riposta nello zainetto che uso per il laptop.
Inserito il dispositivo nel computer apparve subito la classica finestra che mostra il contenuto della cartella: il device conteneva degli strani file…
Pensai, ora è meglio passare alle cose importanti, e ritornai alle mie normali attività lavorative utilizzando il mio laptop.
Ma invece, la cosa più importante da fare era non usare quella maledetto pen drive USB…. ma ancora non lo sapevo ….
Solo lunedì mattina ci accorgemmo che nella notte tra domenica e lunedì del weekend successivo al mio ritrovamento, tutti i computer nella rete della XVE GULYH erano stati infettati da un malware che aveva cifrato i files.
Vi erano solo dei file di testo leggibili che ci informavano che i dati erano stati crittografati e ci chiedevano un riscatto per riaverli indietro leggibili.
Ammetto, io e l’informatica non siamo mai andati così d’accordo … ma da quello che ho compreso è che avremmo dovuto pagare dei soldi per riavere i file non cifrati.
Mi hanno spiegato in seguito, degli esperti, che quella apparentemente innocua Pen Drive USB era invece un dispositivo realizzato per condurre un attacco di tipo “reverse shell”.
Questa chiavetta non era una semplice unità di archiviazione di dati, ma apriva una backdoor sul mio laptop per poter eseguire comandi da remoto. Attraverso questa “porta aperta” era stato attivato un cosiddetto programma “key logger” … un programma per poter spiare tutto ciò che io stavo digitando al computer e spiandomi hanno anche avuto libero accesso alle mie password e ai sistemi da me utilizzti nelle normali attività lavorative.
Inoltre sono riusciti ad accedere ai miei conti correnti carpendo le mie credenziali.
Da quel momento in poi mi sono detto, mai infilare chiavette USB perse per strada nel tuo computer e questo per mia diretta esperienza, vi consiglio di non farlo mai nessuno di voi.
La chiavetta che ha raccolto da terra Luca, era una Rubber Duky o similare. Si tratta di una speciale chiavetta USB che non è solo un dispositivo di archiviazione di dati, ma simula una normale tastiera dal computer e viene riconosciuta dai sistemi operativi come tale.
Tale chiavetta consente di programmare degli script al suo interno capaci di spiare tutte le attività che vengono condotte da un utente e inviarle ad un sito remoto controllato da un malintenzionato.
Attraverso questo tipo di chiavetta USB un malintenzionato può riuscire a recuperare tutte le informazioni di cui ha bisogno: credenziali bancarie, file importanti, password di sistema.
Diffidate sempre se qualcuno vi chiede di inserire una pendrive nel vostro computer e non utilizzare chiavette magari trovate a terra o comprate da rivenditori non affidabili.
Simone, fiero e molto sicuro di sé, manager di successo si è fidato ed ha sbagliato: può succedere a chiunque, ma prendiamo spunto dalla sua esperienza per non commetterne noi di nuove.
Diffidare sempre, usare una logica zero trust! Mai fidarsi ed attenzione alla possibile leva psicologica del sentire bene perché si è ritrovato un oggetto di valore o tecnologico smarrito … in questo caso tra l’altro di non grandissimo valore commerciale …
Antonio Piovesan
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