
Redazione RHC : 15 Settembre 2025 12:15
Negli ultimi anni le truffe online hanno assunto forme sempre più sofisticate, sfruttando non solo tecniche di ingegneria sociale, ma anche la fiducia che milioni di persone ripongono in figure religiose, istituzionali o di forte carisma.
Un esempio emblematico è rappresentato da profili social falsi che utilizzano l’immagine di alti prelati o persino del Papa per attirare l’attenzione dei fedeli.
Questi profili, apparentemente innocui, spesso invitano le persone a contattarli su WhatsApp o su altre piattaforme di messaggistica, fornendo numeri di telefono internazionali.

CVE Enrichment Mentre la finestra tra divulgazione pubblica di una vulnerabilità e sfruttamento si riduce sempre di più, Red Hot Cyber ha lanciato un servizio pensato per supportare professionisti IT, analisti della sicurezza, aziende e pentester: un sistema di monitoraggio gratuito che mostra le vulnerabilità critiche pubblicate negli ultimi 3 giorni dal database NVD degli Stati Uniti e l'accesso ai loro exploit su GitHub.
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I criminali informatici creano un profilo fake, come in questo caso di Papa Leone XIV. Viene ovviamente utilizzata la foto reale dello stesso Pontefice per conferire credibilità al profilo. Poi si passa alla fidelizzazione dell’utente. Attraverso post a tema religioso, citazioni, immagini di croci o Bibbie, il truffatore crea un’aura di autorevolezza che induce le persone a fidarsi.
Nei post o nella descrizione del profilo, c’è un invito al contatto privato.
Nei post o nella biografia, appare spesso un numero di WhatsApp o un riferimento a canali diretti di comunicazione. Questo passaggio serve a spostare la conversazione in uno spazio meno controllato, lontano dagli occhi delle piattaforme social.

Una volta ottenuta l’attenzione, il truffatore può chiedere donazioni per “opere benefiche”, raccogliere dati personali, o persino convincere le vittime a compiere operazioni finanziarie rischiose.
Le persone più vulnerabili, spinte dalla fede o dalla fiducia verso la figura religiosa, sono più inclini a credere all’autenticità del profilo. La trappola della devozione: chi crede di parlare con un cardinale o con il Papa stesso potrebbe abbassare le difese.
I dati personali: anche solo condividere il proprio numero di telefono o dati bancari espone a ulteriori rischi di furti d’identità e frodi.
Diffidare sempre di profili che chiedono di essere contattati su WhatsApp o altre app con numeri privati.
Ricordare che figure istituzionali di rilievo non comunicano mai direttamente tramite profili privati o numeri di telefono personali.
Segnalare subito alle piattaforme i profili sospetti.
Non inviare mai denaro o dati sensibili a sconosciuti, anche se si presentano come autorità religiose o pubbliche.
Gli scammer giocano con la fiducia delle persone, mascherandosi dietro figure religiose o istituzionali per legittimare le proprie richieste. È fondamentale mantenere alta l’attenzione e diffondere consapevolezza: la fede è un valore, ma non deve mai diventare una trappola per i truffatori digitali.
Redazione
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