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Mad Liberator: La vulnerabilità sei solo tu! Anydesk e aggiornamento Windows per per un hack di successo

Redazione RHC : 17 Agosto 2024 09:26

A luglio è apparso nel cyberspazio un nuovo gruppo di ransomware, chiamato Mad Liberator, che utilizza il programma Anydesk e tecniche di ingegneria sociale per infiltrarsi nei sistemi aziendali, rubare dati e chiedere riscatti.

Gli esperti di Sophos hanno rivelato i metodi di attacco del gruppo utilizzando l’esempio di un incidente in fase di studio.

A differenza della maggior parte dei ransomware, Mad Liberator non crittografa i file, ma si concentra piuttosto sul furto di informazioni e sulle minacce di fuga di dati. Mad Liberator gestisce anche un sito web dove pubblica i dati rubati se il riscatto non è stato pagato.


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    Per penetrare nei sistemi, Mad Liberator utilizza Anydesk, che viene spesso utilizzato dalle aziende per gestire da remoto i computer. Le vittime, ignare del pericolo, accettano richieste di connessione, credendo che la richiesta provenga dal reparto IT dell’organizzazione. Dopo aver ottenuto l’accesso al dispositivo, gli aggressori avviano un falso processo di aggiornamento di Windows.

    Mentre l’utente guarda il falso aggiornamento, gli hacker ottengono l’accesso allo spazio di archiviazione e ai file di OneDrive sul server aziendale. Utilizzando la funzione FileTransfer di Anydesk, gli aggressori scaricano dati riservati e utilizzano anche lo strumento Advanced IP Scanner per cercare di sondare altri dispositivi sulla rete. In questo caso il ransomware non ha trovato alcun sistema prezioso e si è limitato solo al computer principale. Una volta completato il furto, gli hacker lasciano una richiesta di riscatto sul dispositivo.

    L’attacco è durato quasi 4 ore, al termine delle quali gli aggressori hanno completato il falso aggiornamento e disabilitato la sessione di Anydesk, restituendo il controllo del dispositivo alla vittima.

    È interessante notare che il malware è stato lanciato manualmente, senza riavvio automatico. Ciò significa che il malware è rimasto inattivo sul sistema della vittima anche dopo la conclusione dell’attacco.

    Redazione
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